Classe 1994, l’apuano (per la precisione carrarese) Simone Ragoni è già un’eccellenza nel suo campo e non parliamo di un campo “qualunque”. Simone è infatti un fisico nucleare che si divide tra Birmingham e Ginevra, lavorando con università e centri di ricerca di altissimo livello. Abbiamo deciso di incontrarlo per saperne un po’ di più, su di lui e sul suo lavoro e affrontando anche l’argomento Covid.
-Da Carrara a Birmingham passando per un 100 e lode al “Marconi” e due 110 e lode in Fisica a Bologna. E poi?
Gli anni a Birmingham sono stati altamente formativi. La fiducia che i miei supervisor hanno avuto nei miei confronti e nel mio operato, mi ha portato ad altezze impensabili. Le numerose responsabilità di cui sono stato investito (ampio spazio nel campo di ricerca di fisica in esame – UPC, Ultraperipheral Collisions -, programmazione di FPGA, hardware test, assistenza all’insegnamento) non hanno fatto altro che accrescere la volontà di proseguire nella carriera accademica con un postdoc. Putroppo il tragitto non è stato indolore. Specie all’università giornate intere passate a studiare, a migliorare, a cercare metodi differenti di affrontare un problema, approfondimenti ulteriori. Ci sono stati anche momenti duri, scogli da superare, come tutti del resto. Anche ora durante il dottorato ci sono periodi in cui si presentano passi indietro. Ma anche questo è ricerca. Si cercano risultati mai ottenuti prima, e nessuno ha la formula in tasca per risolvere i problemi che si palesano. Grande impegno quotidiano, determinazione e resilienza sono gli ingredienti per andare avanti.
-In questa “escalation” eccezionale, quanto l’ha aiutata la formazione qui in Italia?
Moltissimo. Mai avrei immaginato che il rigore matematico inoculato ad ogni studente tramite i vituperati esami di Analisi Matematica 1, 2 (, 3, 4, …n per i più coraggiosi) potesse essere così utile. Proprio in questi giorni ho “abusato” delle applicazioni in campo quantistico per un articolo che stiamo apprestando con i miei supervisor e colleghi americani, sotto il nome della Collaborazione ALICE di cui siamo parte. La Fisica è bellissima, ed un fisico a suo malgrado deve essere prima di tutto un degno programmatore, un buon matematico, saper fare di conto (purtroppo diverso dall’essere un matematico), e possedere l’abilità di collegare le manifestazioni matematiche coi fenomeni fisici, capacità che per fortuna si può imparare col tempo.
-E quella nel contesto apuano?
Sono sempre stato appassionato di Matematica (e Fisica dopo) fin dai tempi delle elementari. In un qualche modo, ho sempre desiderato di rimanere coinvolto nell’ambito della Fisica nucleare o subnucleare, e con l’esperimento ALICE del CERN, posso dire di trovarmi esattamente a metà dei due ambiti.
-Cambiando completamente argomento per spostarci nell’attualità: figure scientifiche come la sua sono oggi impegnate anche nell’analisi dell’emergenza Covid. Con quale ruolo, nello specifico?
Ritengo che una prima distinzione sia le capacità del singolo e i mezzi a disposizione di un grande gruppo. I fisici, soprattutto sperimentali, sono addestrati nell’analisi dei dati, nella loro visualizzazione e nella modellizzazione. Siamo bravissimi a fornire un’interpretazione dei trend. Un gruppo ha chiaramente strumenti in più. In quanto affiliato alla Collaborazione ALICE del CERN, posso portare ad esempio le attività che il CERN (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) ha messo in piedi per aiutare la comunità (https://againstcovid19.cern/actions#medical): HEV, un ventilatore polmonare a basso costo, il suo supporto al progetto del ventilatore polmonare MVM, oltre a tutti i supporti umanitari in forma di donazioni di equipaggiamento per fronteggiare la pandemia.
-Come vede l’evoluzione dell’emergenza, qui in Italia?
Sono tre anni che vivo lontano dall’Italia, diviso tra Birmingham e Ginevra. Lo stato del Paese riesco a viverlo solo tramite la testimonianza della mia famiglia e del nucleo di amici. Il crescente stato di apprensione e di incertezza è palpabile. Purtroppo, ci si può affidare solo al buon senso nel contenimento della sua diffusione. Confido in un ritorno ad uno stile di vita simile al pre-pandemia da fine anno in poi. Complice la presenza di più vaccini, con una notevole efficienza.
-Lei vive in Inghilterra, che oggi sta uscendo dalle restrizioni anche grazie ad un’efficacissima campagna vaccinale: a riguardo che differenze vede con il nostro Paese?
I dati sono disponibili su molteplici siti (è particolarmente interessante il sito https://ourworldindata.org/grapher/daily-covid-19-vaccination-doses per un confronto rapido tra diversi paesi). Il Regno Unito è stato estremamente efficiente nella diffusione del vaccino, complice anche un anticipo sui tempi nell’approvazione degli stessi. Già è stata manifestata l’intenzione di un rapido rientro ad una vita normale entro fine giugno. Questo perchè si spera nel raggiungimento dell’immunità solidale, concetto che preferisco rispetto a quello di immunità di gruppo perchè rieccheggia quella necessità e volontà di comunità e connessioni che sono venuti a mancare con la pandemia.
Nella foto: Simone Ragoni