Benché straordinaria e senza dubbio commovente, la partecipazione del pubblico italiano per la morte di Fabrizio Frizzi non è tuttavia un caso unico nel suo genere. La tragica e improvvisa scomparsa nel 1960 di Mario Riva (il celebre conduttore del “Musichiere”) suscitò infatti una reazione altrettanto importante, se non più sentita.
A tal proposito, per l’allora direttore de “Il Mondo,” Mario Pannunzio, «l’unità nazionale che a volta a volta nella storia sembra assumere a i simboli bersaglieri o il totocalcio, gli spaghetti o il caffè espresso, la Lollo o le canzonette, non si era mai finora realizzata in modo così netto e con contoni così precisi».
Ecco invece cosa scriveva Dino Buzzati, sul “Corriere della Sera”: «Mia mamma non voleva la televisione […] Poi la sua intransigenza cominciò ad incrinarsi per “Lascia o Raddoppia?”. Che seguiva generalmente solo in parte, con frequenti e sconsolati commenti all’indirizzo di Mike Bongiorno […] Finché giunse il “Musichiere”. Le accoglienze al nuovo gioco musicale furono da principio avverse. “A me sembra una grossa stupidaggine”, diceva la mamma […] Però non si decideva a spegnere. Sabato a pranzo le chiedevo: “Stasera che cos’hai alla televisione?”. “Ci dev’essere il Muschiere”, rispondeva. “E tu lo vedi?”. “Bè, come sciocchezza è una gran sciocchezza, forse di buono c’è soltanto quello lì che presenta”. Così anche in casa nostra entrò settimanalmente la faccia cordiale di Mario Riva, ed anche mia mamma lo prese in decisa simpatia e si spazientiva quando per caso i suoi interventi erano ridotti al minimo […]. Avvenne quindi che la mamma non perse una puntata del “Musichiere, e imparò il nome di Mario Riva, e lo antepose di varie lungheze a Mike Bongiorno, e grazie al suo calore umano dimenticò mircilosamente la raducata vversone per canzoni e canzonete»
La morte del conduttore, che sempre secondo “Il Mondo” provocò più clamore di «qualsiasi avvenimento internazionale, più della morte del Papa, più delle stesse Olimpiadi”*, fece interessare anche la stampa comunista, in quegli anni snobisticamente distante dal piccolo schermo. Gianni Toti di “Cinema ’60” intervenne infatti sull’avvenimento, sottolineando (pur in modo critico) l’importanza sociale e culturale della televisione.
Come abbiamo visto, la scomparsa di un volto amato per la sua pacatezza e il suo garbo come Mario Riva rappresentò anche la cartina di tornasole per la lettura di un fenomeno nuovo ma di enorme impatto sulle masse italiane come la TV, capace di compattare e delineare l’unità nazionale e di modificare i gusti e i comportamenti di generazioni prima abituate soltanto al telegrafo o alla carta stampata.
*i giornali mandarono i loro inviati sul treno che trasportava la salma di Riva (da Verona a Roma), com’ era avvenuto nel caso di De Gasperi
Fonti biliografiche: “Il frigorifero del cervello. Il Pci e la televisione da ‘Lascia o raddoppia?’ alla battaglia contro gli spot” (Crapis Giandomenico, Editori Riuniti)