L’insistenza dell’ Italia nel caso Regeni ha provocato la reazione di una parte dell’opinione pubblica del nostro Paese, secondo la quale Roma non starebbe mostrando e non avrebbe mai mostrato altrettanta solerzia nel perorare la causa di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Tale lettura, pur suggestiva e di facile penetrazione, è ad ogni modo da considerarsi e da rigettare come frettolosa e puerile, in quanto non supportata da un lavoro di scavo approfondito e razionale, né da una reale comprensione delle dinamiche geopolitiche.
Se, infatti, l’India è una “great power” ed un BRICS, dunque un avversario complesso e non facile per qualsiasi Attore, e se nel caso “Enrica Lexie” i Marò sono accusati (ad oggi senza una prova solare ed incontestabile che ne dimostri l’innocenza) di aver ucciso due civili inermi, nell’ “affaire” Regeni, invece, l’Italia si trova davanti ad un “Fragile state” , sospettato, per di più, di aver torturato ed ucciso un giovane colpevole soltanto di aver fatto ricerca ed informazione.
Due contesti differenti ed antitetici, quindi, del tutto imparagonabili ma confusi e mescolati da un ventralità che ha nel campanile e nel propagandismo antigovernativo il suo unico sbocco logico e la sua unica ragion d’essere.