Il Cantiere per la Pace della Lunigiana è un coordinamento di circa dieci associazioni del nostro territorio, costituitosi nel 2016. La consapevolezza che l’economia globale di capitalismo finanziario, formatosi in questi ultimi trent’anni, porta in sé in modo irrefrenabile conflitti e guerre, ha guidato la nostra attività di questi anni rivolgendoci principalmente ai giovani. Nelle scuole abbiamo organizzato percorsi di conoscenza e comprensione dei fenomeni di migrazione, le ingiustizie economiche e le decine di conflitti e guerre che non si sono mai interrotti dalla fine della seconda guerra mondiale. Abbiamo portato nelle scuole esperti di diversi settori e i migranti richiedenti asilo. Forse negli ultimi anni il nostro impegno non è stato sufficientemente deciso ed efficace come avrebbe dovuto, un po’ per la crisi che ha investito tutte le associazioni e poi per le limitazioni date dalla pandemia. A livello provinciale facciamo parte della Accademia Apuana della Pace.
Con l’invasione russa dell’Ucraina che fa seguito ad una tensione iniziata nel 2014 e si aggiunge alle decine di guerre e conflitti tra i diversi blocchi di interesse, e il quasi automatico innesco di una corsa agli armamenti da parte di tutti, abbiamo rinnovato il nostro impegno. Ci stiamo riorganizzando e stiamo cercando di rendere più efficace la nostra struttura. Abbiamo coordinato una prima manifestazione per la pace a Pontremoli e, tra le altre cose, insieme a iniziative di mobilitazione contro la guerra e di assistenza ai civili coinvolti condivise con altre associazioni, vogliamo dare vita ad una consuetudine di incontri e confronti di approfondimento. Vorremmo realizzarli nelle piazze, con la pacatezza e la profondità che non si trovano nei talk televisivi o sui social.
Cominciamo con un incontro con il Professore Alessandro Volpi, Professore di storia contemporanea all’Università di Pisa, sul ruolo e l’efficacia delle sanzioni economiche per porre termine a questo conflitto. Insieme al Professor Volpi sarà presente Antonella Cappè, portavoce dell’Accademia Apuana della Pace e presenterà il giornalista ed esperto di comunicazione Davide Simone. L’ incontrò si terrà a Pontremoli, in piazza della Repubblica, alle ore 16 di sabato 9 aprile. In caso di mantempo ci recheremo nella sala Gordon Lett nel palazzo comunale.
Le analisi e le considerazioni di Volpi relativamente al mondo delle relazioni economiche così come si sono evolute in questi ultimi anni, e quanto siano determinanti nelle relazioni politiche e conflittuali, compreso questo ultimo conflitto in atto, troviamo siano estremamente utili alla comprensione della realtà e alla ricerca di vie d’uscita.
Le sanzioni, in un mondo economico profondamente interconnesso e interdipendente, sono lo strumento più efficace per provare a rendere la politica internazionale rispettosa della libertà e dei diritti. Dovrebbero costituire la parte regolatoria del mercato, capace di imporre una dimensione reale alla ricerca di giustizia sociale e di convivenza pacifica. Proprio la globalizzazione le ha rese efficaci perché, la distribuzione delle filiere di produzione del valore lungo vaste aree geografiche e la specializzazione in singole parti del processo di lavorazione, hanno trasformato l’introduzione di divieti e di limitazioni dello scambio in un fenomeno in grado di paralizzare intere economie. Quelle attuali non sono le velleitarie e ben poco efficaci sanzioni degli anni Trenta del Novecento, quando i processi protezionistici e autarchici le hanno svuotate di senso. Nella globalizzazione recente la dipendenza dall’altro è cresciuta a dismisura, generando gerarchie di reddito e di ricchezza certamente ingiuste e diseguali, ma fondate sulla possibilità di accedere a risorse, materie prime, capitali e monete ovunque. Oggi, se le sanzioni venissero realmente applicate, la Russia, che è parte integrante del capitalismo globale, incontrerebbe enormi difficoltà di sopravvivenza, derivando larghissima parte della sua debole economia dalle esportazioni e dalle valute estere. Le sanzioni, per essere applicate, proprio perché espressione di una forte interdipendenza, obbligano a sacrifici anche chi le deve mettere in pratica. E’ proprio in questo che sta il significato più profondo della difesa della democrazia: accettare i sacrifici di una guerra senza farla con le armi.