Scienze e discipline di inaudita complessità, storia e geopolitica non possono, per questo, essere lasciate all’impulso emotivo ma necessitano di un approccio che sia il più possibile scientifico e razionale.
Senza dubbio notevole come cronista e fondamentale nel suo ruolo di “pioniera” per il genere femminile nell’informazione italiana, Fallaci mancò, tuttavia, della maturità necessaria per affrontare una tematica tanto delicata come il confronto-scontro tra Occidente e mondo arabo-musulmano, mai sopito e tornato con tutta la sua carica vitale dopo l’11 settembre 2001.
L’elaborazione fallaciana era, infatti, basata su un un postulato manicheo che espelleva ogni analisi delle colpe occidentali (colonialismo e neo-colonialismo) per concentrarsi in via esclusiva sull’azione-reazione del fondamentalismo di matrice islamico-radicale.
Così facendo, Fallaci operava, “de facto”, una suddivisione puerile dei contendenti nelle categorie dei “buoni” e dei “cattivi”, laddove i primi erano sempre e comunque gli occidentali, bushani e cristiani, e i secondi i loro oppositori con in testa l’Islam anche nelle sue declinazioni più liberali e rispettose dell’Altro, che la penna fiorentina negava procedendo così ad una semplificazione inaccettabile dell’intera religione-civiltà musulmana e dei processi geopolitici.
Per questo, Oriana non aveva ragione né avrebbe potuto avere ragione.