Nell’approccio alla vicenda Montanelli-Fatima Destà si è teso, quantomeno a sinistra, a procedere sulla base di un errore, storico ma non solo, di fondo.
L’usanza delle spose-bambine e di “vendere” le proprie figlie (ancora diffusa in molte zone dell’attuale Terzo/Quarto Mondo o ad esempio del mondo islamico) non era, infatti, importata dai colonizzatori occidentali, ma spesso anteriore al contatto con i bianchi e ad esso indipendente. Né il “madamato” fu sola responsabilità del Fascismo, essendo stato introdotto nell’800. Al contrario, il regime mussoliniano, ostile alle unioni miste, lo scoraggiò sempre, fino a renderlo illegale e punibile con la reclusione nel 1937.
Se quindi è innegabile la colpa di chi, come Montanelli, “acquistava” 12enni, limitare l’attenzione e l’analisi a questo aspetto significherebbe non conoscere la Storia o compiere un’azione chirurgica , cioè fuorviane e mistificatoria, di selezione dei fatti. Una pratica, quest’ultima, che viene incontro al nostro senso di colpa, lo stesso che ci porta, o per meglio dire che porta alcuni settori della sinistra e del femminismo, a condannare il razzismo, il sessismo e l’omofobia in Occidente e poi a giustificare, sulla base di un improbabile relativismo culturale e antropologico, le stesse usanze, altrove (“è la loro cultura”).
Un “modus operandi” inconsciamente razzista, in ultima analisi, perché si delega ai soli bianchi il compito di mantenere un atteggiamento moralmente virtuoso, come se gli altri non fossero in grado di emanciparsi.