Come previsto e prevedibile, queste elezioni di midterm fanno di Donald Trump un’ “anatra zoppa”, una “lame duck”, sottraendo al suo partito un ramo del Congresso (la Camera, fondamentale per la politica interna).
Solamente con F. D. Roosevelt nel 1934 e con George W. Bush nel 2002, d’altro canto, il Potus si era mantenuto saldo su entrambe le zampe dopo l’appuntamento di metà mandato. Ma si trattava di situazioni eccezionali: Roosevelt seppe sfruttare l’onda lunga del New Deal e Bush junior il “rally ‘round the flag” seguito all’11 settembre.
Ai Democrats va l’indubbio merito di essere riusciti a mobilitare il loro elettorato deluso, di aver dato a queste consultazioni un’importanza storica e di aver presentato e fatto eleggere figure giovani e dinamiche, ma la strada verso il 1600 di Pennsylvania Avenue è ancora tutta in salita. Sempre volendo sfogliare i libri di Storia, dal secondo dopoguerra solo tre presidenti non sono infatti stati capaci di ottenere la rielezione, ma nessuno dei tre (Ford, Carter e Bush senior) disponeva del carisma e dei mezzi di “The Donald”. Rispetto ai tre non rieletti, Trump può anche contare su una buona congiuntura economica.
Nota: per quanto riguarda le elezioni di “midterm”, George W. Bush ha un curioso primato. E’ infatti contemporaneamente l’unico aver preso e perso le due camere. La prima volta, già citata, risale al 2002, mentre la seconda al 2006, durante il suo secondo mandato, in quello che negli USA è chiamato “Six-year itch” (la maledizione del sesto anno). Al contrario, Franklin D. Roosevelt passò indenne anche dal “Six-year itch”.