Lunedì 8, ricorre il 71° anniversario del bombardamento alleato sulla città. Del tragico evento ne fanno testimonianza le numerose fotografie che l’appassionato ricercatore di storia locale Franco Frediani ha raccolto e pubblicato nel volume MASSA FERITA edito nel 2012 e ancora reperibile nelle librerie della città. Da quel volume, due anni dopo la sua pubblicazione, l’autore ha preso spunto per realizzare un documentario, dallo stesso titolo, che l’emittente televisiva Antenna 3 propone al pubblico la sera di lunedì 8 alle ore 21,10 dopo il TG serale. La proiezione sarà riproposta, alla presenza dell’autore, anche sabato 13 febbraio, alle ore 12:00 nell’aula magna dell’Istituto Tecnico G. Toniolo. Il documentario, è stato realizzato grazie al contributo dell’operatore Fabio Aiazzi e del noto e bravo Fabio Cristiani che con la sua voce accompagna lo spettatore in un viaggio della memoria, a tratti struggente come quando scorrono le immagini della strage nazista a S. Leonardo sul Frigido. Il film si avvale di numeroso materiale fotografico ma anche di filmati tratti dalla serie americana Combat film, e rappresenta il primo tentativo di ricostruzione visiva di quel periodo, una testimonianza unica nel suo genere, indirizzata soprattutto ai giovani affinché possano trarne spunto e stimolo per approfondire un periodo storico ricco di vicende che hanno inciso profondamente nelle cose e negli affetti della quasi totalità dei nostri concittadini.
“……i primi tre aerei piombarono a capofitto sulla Piazza. Furono istanti tragici. La cantina dove ci eravamo rifugiati tremò tutta di colpo, ed i muri, e le stanze di sopra, tutto parve crollare sotto un unico schianto. Il bombardamento di Massa, della sua bella Piazza, era concluso. Dopo la prima ed unica ondata, nessuno ebbe il coraggio di uscire fuori. Un grande accecante polverone, il rumore delle cose che cadevano, gli squarci di luce che ci facevano intravedere persiane frantumate, vetri e calcinacci, rendevano l’atmosfera spaventosa ed irreale. Sopra di noi, alla Conca, erano caduti tre stabili. La Chiesa di San Sebastiano era stata squartata come una immensa balena ferita a morte. Il bel palazzo Giorgini era ridotto a due tronconi informi e dappertutto era rovina e desolazione……” così Ezio Miniati, nelle sue memorie, inizia il racconto di quei tragici eventi.
Buona parte dell’immagine storica della “Piccola Massa Dipinta” edificata in 900 anni da una comunità povera ma con qualche senso del bello, venne distrutta in pochi minuti : dalla Chiesa di S. Sebastiano al palazzo Giorgini ex Diana-Paleologo, dalle case alla Conca al palazzo Appiani di via Dante, dal Genio Civile all’Esattoria. La documentazione americana riferita a questo attacco, sicuramente presente in qualche archivio dell’U.S. Air Force, potrebbe forse darci una spiegazione di tanto accanimento. La furia dei piloti, che potevano abbassarsi indisturbati fino ai tetti (le loro sagome nell’abitacolo si distinguevano chiaramente) e veder bene cosa colpire, non ha una giustificazione “normale”. Lo scempio sistematico delle città nemiche da parte del vincitore, con saccheggi, uccisioni, distruzioni, è sempre esistito, ma nel 1945 certo rappresentava un fenomeno di regressione comportamentale. Il miracolato Ezio Miniati, allora quindicenne, che si trovava proprio in piazza Aranci, racconta di aver visto a terra, vicino a un leone dell’obelisco, un tedesco morto. Uno, forse l’unico. Poiché proprio quel giorno 8 febbraio, alle sei del mattino, era iniziata l’operazione Fourth Therm, il disastroso tentativo di sfondamento al Cinquale ad opera della V Armata americana. I piloti avrebbero, con più profitto, potuto sfogare la loro aggressività nella zona della battaglia, contro i tedeschi, che tra l’altro stavano mettendo in atto una offensiva vincente. Però la contraerea tedesca era molto valida e forse questo fu il motivo per cui scelsero invece piazza Aranci e la Conca. Furono momenti terribili, impressi indelebilmente negli occhi e nella mente di chi ebbe la sventura di assistervi. Tra questi il cav. Federico Uzzo che, dall’alto della sua casa a Volpigliano, fissò con l’obiettivo alcune di quelle deflagrazioni col fumo e la polvere che si sollevavano verso il cielo come nuvole. Una città ferita. Ferita sì, ma non nell’orgoglio. Nell’arco di poco più di 15 anni, in pieno boom economico, gli edifici, i ponti e le fabbriche, furono ricostruiti.
La città crebbe e si allargò a macchia d’olio, a scapito però del buon gusto. In nome della conquistata “Libertà” fu commesso infatti, un vero e proprio scempio : una edilizia senza regole, rivolta al solo profitto, ne ha modificato in peggio, il volto urbano. Per mancanza di idee e linee guida cui ispirarsi, e la voglia di cancellare il passato, fu commesso un vero e proprio scempio edilizio.
Franco Frediani