Per il nostro Paese,la partecipazione al primo conflitto mondiale non fu dettata, come nel caso delle altre grandi potenze (dell’Alleanza come dell’Intesa) da velleità di tipo proiettivo, ma dall’esigenza di ultimare l’unificazione dello Stato entro i suoi confini storici e geografici, dopo oltre un millennio (per questo motivo, il ’15-18 è noto da noi anche come IV Guerra di Indipendenza Italiana).
Ancora, la vittoria italiana su Vienna contribuì alla liberazione di quei popoli, dall’Est Europa ai Balcani, assoggettati all’Impero Austro-Ungarico, ormai un pachiderma cristallizzato a metodologie ottocentesche, superate dal tempo.
Evidenze spesso assenti o marginali nelle valutazioni di quel movimento d’opinione pacifista e critico verso la scelta dell’allora Regno d’Italia di entrare in guerra; sebbene mossi da intenti comprensibili e lodevoli, costoro finiscono involontariamente con il rafforzare quel progetto, voluto e delineato dalle compagini secessioniste (leghe, veteroborbonici, veteroasburgici, ecc), mirante all’indebolimento e all’impoverimento della nostra cultura patria , unitaria e risorgimentale, tramite una prassi revisionistica di natura ideologica e, per questo, disancorata dagli imperativi del vaglio razionale proprio delle scienze storiche.
Il falso mito del tradimento
Altro falso mito, il presunto tradimento italiano. Fu invece Vienna a tradire le clausole dell’Alleanza (che era di carattere difensivo) aggredendo la Serbia, tra l’altro senza avvisarci. La Germania affondò invece una nave civile italiana, il piroscafo “Ancona”, quando ancora non erano aperte le ostilità con Roma. Dopo l’affondamento dell’ “Ancona”, la marina tedesca attaccò anche le scialuppe dei superstiti.