In questi mesi, il movimento d’opinione più “prudente” rispetto all’emergenza Covid ha spesso mostrato un atteggiamento irrazionale di fronte alle notizie e/o alle ipotesi anche solo vagamente positive e rassicuranti, rigettandole come sciocche, fuorvianti e pericolose pure quando fondate e provenienti da fonti di indubbia autorevolezza. Persino richiamare l’attenzione su altre problematiche, pressanti e reali, o debunkizzare una “fake news”, se allineata ad una certa narrazione allarmistica, era ed è in qualche caso malvisto.
Un atteggiamento irrazionale, dicevamo, conseguenza non solo di quella polarizzazione favorita dalla politica come dai media, per ragioni molteplici e differenti, ma che può trovare una chiave interpretativa nella Storia.
Non disponendo delle conoscenze per comprendere e cercare di spiegare le calamità, le epidemie e tutti quei fenomeni che avevano un impatto drammatico sulla sua esistenza, l’uomo del passato (ma anche quello del presente, nelle zone più arretrate del pianeta) tendeva allora ad attribuirle al divino oppure a qualche forza sovrannaturale, a leggerle come una loro emanazione o rappresentazione.
Benché il contemporaneo possa contare su un sapere assai più sviluppato, maturo e articolato, il fatto che il Covid-19 sia una malattia per certi versi sconosciuta, il non aver mai vissuto o il non ricordare un’altra epidemia e l’enfasi assegnata dai media e dalla politica a quella che stiamo vivendo, ha forse fatto prevalere, in alcuni, la componente emotiva. Il virus è stato quindi sublimato e assolutizzato, anche dai più lucidi e preparati (uomini come gli altri, con le debolezze e le fragilità di chiunque altro), per cui ogni tentativo di metterne in dubbio e minacciarne la forza, l’invincibilià, la centralità e l’ “autorità”, è stato visto e viene visto come una sorta di eresia, lontana dal vero e dal possibile.
Pur con tutto il suo scibile e il suo arsenale tecnologico, l’uomo del XXI secolo, lo stesso che programma sbarchi su Marte, non è insomma molto diverso, nelle sue pieghe più recondite, dal pastore greco che vedeva nel fulmine un segno dell’ira di Zeus.