Come ogni forma d’arte, nella storia, l’architettura aveva, e ha anche oggi la funzione di tenere viva, nelle persone che la osservano, la memoria di un avvenimento del passato.
Ogni anno, in occasione della Giornata della Memoria, ripercorriamo la storia attraverso le testimonianze, i ricordi e i luoghi che testimoniano l’Olocausto. E vi sono luoghi che riescono a trasmetterci forti emozioni, creando un momento di vera riflessione riguardo questo tema.
Non potevamo perciò “non” andare a Berlino, dove percorrendo le strade del centro, vicino alla famosa Porta di Brandeburgo, ci troviamo davanti uno dei più recenti monumenti che richiamano questi tristi ricordi, il Memoriale agli Ebrei uccisi d’Europa.
Questo memoriale, opera del noto architetto americano Peter Eisenman, inaugurato nel 2005, ha guadagnato l’attenzione del mondo, fino a diventare una delle principali attrazioni della città di Berlino.
Eisenman per la sua opera, rifiuta ogni tipo di rappresentazione con mezzi tradizionali, poiché l’enormità dell’evento storico, secondo il suo punto di vista, l’avrebbe resa del tutto inadeguata. Il suo intento è piuttosto quello di <<presentare una nuova idea di memoria distinta dalla nostalgia>> , poter conoscere il passato attraverso una manifestazione del presente, attraverso una nuova idea di memoriale.
Vengono così costruite su una superficie di 19.000 mq, 2711 steli di cemento grigio scuro, le cui dimensioni, costanti per lunghezza e larghezza, variano in altezza, raggiungendo fino ai 4,7 metri. Le steli sono monocrome e le loro terminazioni, sono come punti di rette che poi si intrecciano a formare una fitta maglia, dal pavimento irregolare. Nessun nome e nessuna scritta compaiono tra le steli, in cui inoltrandosi, lentamente si affonda, quasi perdendo l’orientamento e la concezione del tempo. Lentamente, mentre si prosegue il cammino lungo gli stretti cunicoli, i palazzi e gli alberi scompaiono alla vista, la luce diminuisce, e le prospettive che si susseguono variano incessantemente senza mutare d’aspetto. Il movimento è accompagnato dell’immutabilità, e perciò privo di direzione non ha meta, ma suscita solo un senso di profonda inquietudine.
Non vi è quindi spazio per la nostalgia, piuttosto è la paura, e l’angoscia che Peter Eisenman vuol far percepire al visitatore.
Questo luogo vuole essere, nell’idea dell’architetto, uno spazio nel quale l’individuo è solo con se stesso e la sua mente, dove può percepire emozioni, dove può riflettere, ma soprattutto, dove può “ricordare“.
A questa funzione evocativa del complesso di steli, è poi affiancata la testimonianza concreta della documentazione storica, esposta nel Centro di documentazione, nel sotterraneo del Memoriale. Foto, documenti, lettere e diari delle vittime, ci raccontano da vicino questo buio pezzo di storia, che non può lasciare nessuno indifferente.
E indifferente non ci lascia, il Museo ebraico o Ludisches Museum Berlin, altro esempio di commemorazione alla Shoah a Berlino.
L’edificio del museo, realizzato su disegno dell’architetto statunitense Daniel Libeskind, tra il 1992 e il 1999, è definito dallo stesso “between the Lines” (tra le linee).
L’autore lo ha definito in questo modo, in quanto la sua pianta a zig zag deriva dall’intersezione di due linee: una retta frammentata in molti segmenti, e una tortuosa, che prosegue in maniera indefinita, entrambe simbolo del difficile percorso della storia ebraico-tedesca.
La singolare planimetria, che esemplifica i moduli dell’architettura decostruttivistica in cui Libeskind è stato inquadrato, si è presentata a molteplici associazioni, come la forma di una stella di David spezzata.
L’esterno è ricoperto di lastre di zinco, attraversato da tagli e bucature, sorta di vuoti diagonali, finestre sinonimo di una architettura dura e violenta, figlia di una storia altrettanto violenta. All’interno del museo niente corrisponde a ciò che si vede fuori: un fuori da cui non ci si può affacciare.
Inaccessibile dall’esterno, per entrare nell’edificio occorre passare per un altro edificio, il Berlin Museum, percorrerne l’atrio e discendere per una scala sotterranea.
Lì si trova un luogo privo di finestre, da cui partono tre lunghi corridoi, tre percorsi possibili: la strada dell’Esclusione, che conduce all’Holocaust Tower, una torre vuota e buia di 24 metri, la strada dell’Esilio che conduce al giardino E.T.A. Hoffman, una foresta di colonne di cemento inclinate, e i Void, stanze vuote dalle mura nere, che simboleggiano la distruzione della cultura ebraica.
Il vuoto, tema dominante del museo, crea pause di raccoglimento e silenzio, e assume un grande significato, l’impossibilità di colmare le sofferenze e il dolore.
Ma a tratti questo silenzio viene poi interrotto dal suono freddo del metallo, suono generato dal calpestio di una fitta e assordante distesa di piccole facce di ferro dalla bocca sbarrata in un urlo, l’urlo di innocente.
Contrariamente a quanto avviene con l’architettura tradizionale che “rassicura” lo spettatore, in questo caso ci si immerge in una riflessione sul passato che non lascia speranze, una frattura che non può essere rimarginata, ma solo ricordata e non ripetuta.
Buon viaggio nel ricordo,
Brunetta Ulivi.
Foto 1: http://www.exblogger.it/diario-di-viaggio-berlino/
Foto 2: https://medium.com/lindice-totale/il-museo-ebraico-di-berlino-ad3720f837ee#.uh8c35pqj
Foto 3: http://www.archidiap.com/opera/museo-ebraico/
Foto 4: https://medium.com/lindice-totale/il-museo-ebraico-di-berlino-ad3720f837ee#.w4hhktjss
Foto 5: http://magazine.larchitetto.it/marzo-2015/gli-argomenti/attualita/memoria-e-spazio-urbano.html
Foto 6: http://www.robynoris.com/2014/03/olocausto.html
Foto 7: https://viaggioinprogress.wordpress.com/
Foto 8: http://www.pensierinviaggio.it/2015/03/berlino-cosa-vedere-dove-mangiare.html
Foto 9: https://acicastelloonline.wordpress.com/2012/01/28/memoriale-di-un-ricordo/
Foto 10: http://enjoytravelandart.com/2015/01/26/la-giornata-della-memoria/
Foto 11: https://it.wikipedia.org/wiki/Olocausto