QuotidianoApuano.net ha intervistato Nicola Cavazzuti, consigliere comunale di Rifondazione Comunista del Comune di Massa, al quale abbiamo posto alcune domande in merito alla presenza nelle acque dei fiumi del nostro territorio di polveri e derivati della lavorazione del marmo:
– Il Comando Guardie del Parco Apuane attraverso una nota hanno accertato la presenza di inquinamento per la salvaguardia dei fiumi Frigido e Carrione, ma a questo comunicato cosa ne consegue per imprese e per i cittadini?
Le norme per la recimazione delle acque di piazzale ci sono, sia la legge 78/98 che la recente 35/15 che ha sostituito la 78/98 prevede il controllo ambientale in cava. In più c’è una legge regionale che dice cosa fare delle acque meteoriche dilavanti. Se si legge un piano di coltivazione di cava, c’è scritto cosa deve fare chi estrae marmo per rispettare le leggi. Purtroppo tra la teoria e la pratica ci passa un po’ essenzialmente i controlli e le sanzioni conseguenti. ARPAT ha dichiarato che la marmettola è un inquinante biologico e il fiume Frigido sta soffrendo per questo. Credo che per troppo tempi negli anni passati si sia sottovalutato il problema e ora i nodi vengono al pettine. Chiunque può andare sui fiumi e verificare di persona cosa significa la marmettola sul letto del fiume, sotto non c’è vita. Il pericolo, a detta di ARPAT, è la morte biologica del fiume, oltre alle conseguenze per il letto del fiume. Sotto la marmettola non vive più niente, piante o esseri animali.
– Le amministrazioni comunali si rendono conto dell’impatto della marmettola e dei residui del marmo su flora e fauna dei fiumi e più in generale sull’ambiente ?
Le amministrazioni devono avere il coraggio di rompere con il passato e prendere atto che questo è un problema serio, non più procrastinabile, pena la perdita dei corsi d’acqua. A questo naturalmente vanno aggiunti i problemi di tenuta idrogeologica e su questo non credo che si debba aggiungere altro oltre a quello che i nostri cittadini sanno già. Occorrono controlli da parte degli enti preposti che devono essere messi nelle condizioni per poterli fare, con risorse umane e finanziamenti. Le amministrazioni devono applicare le leggi e le prescrizioni. Con l’ambiente non si scherza e con le attività a rischio ambientale come le cave, non ci possono essere tolleranze nelle applicazioni.
– Pura coincidenza che il Frigido e il Carrione diventino bianchi come latte durante le piogge?
Tecnicamente si parla di AMD, acque meteoriche dilavanti, che sono un problema anche per altre attività industriali. I residui di lavorazione finiscono nei piazzali che dovrebbero essere adeguatamente attrezzati per recimare le acque utilizzate e quelle piovane. A questo si aggiunge la polvere di marmo che sovente viene scaricata nei canali che quando si riempiono d’acqua la trascinano a valle nei fiumi e poi nei mari. Le cave dovrebbero tenere un registro di scarico della marmettola prodotta, cioè della marmettola che dovrebbe essere smaltita da aziende specializzate nel conferimento di rifiuti speciali, come lo è la marmettola. Nessuna coincidenza, solo conseguenze di un fenomeno che purtroppo è ordinario.
– Nella recente riunione CAI svoltasi a Marina di Massa si è parlato di polverizzazioni di 60 mila metri cubi di Alpi Apuane trasformati in ravaneti e polveri. Quanto incidono questi numeri in termini economici? E di danno ambientale?
I 60 mila metri cubi è una cifra per difetto, molto probabilmente è di più. Ora i ravaneti sono illegali, ma si continua a scaricare polvere di marmo. I vantaggi economici sono sempre più ad appannaggio di pochi, mentre sui piazzali i posti di lavoro sono sempre meno. Le ricchezze del marmo, sia in blocchi che in polvere, sono in poche mani e quindi i ritorni sul territorio sono sempre meno. Occorre poi considerare l’attuale indagine della Guardia di Finanza che potrebbe mettere un ulteriore costo sociale per il territorio dato dai danni erariali per imposte e contributi non versati nelle casse dello stato. I costi ambientali poi sono poco quantificabili finché sul settore non si farà chiarezza, si farà un indagine approfondita della lavorazione, dell’indotto e dei processi di produzione, quali bacini marmiferi interferiscono con quali canali, cosa contiene veramente la marmettola. Sarebbe un’indagine che renderebbe tutti consci dei costi e benefici dell’attività estrattiva. Ad oggi l’unico costo certo, sociale, che la nostra collettività sta sopportando è quello relativo alla salubrità delle acque dei nostri fiumi.
– Il presidente del Parco Putamorsi ha dichiarato che va rivisto il Piano estrattivo del Parco il quale deve tenere conto dell’emergenza ambientale. Secondo te questa reale volontà di porre rimedio al disastro ambientale?
Dopo anni che segui le questioni ambientali sulle Apuane e ti trovi di frequente ad avere a che fare con situazioni che non tengono di conto del rispetto ambientale, sei portato a voler vedere dei risultati concreti, tangibili, evidenti. Sei portato a lasciare gli annunci agli altri e continuare a tenere sotto controllo ciò che succede, ascoltando la gente e osservando il territorio. Se arriveranno atti che finalmente potranno farmi dire che il Parco delle Apuane ha assunto il suo ruolo ambientale non potrò che esserne contento. Fino a quel momento credo che sia intellettualmente onesto avere qualche dubbio, dubbio maturato dopo anni di annunci e una situazione sulle nostre montagne che è sotto gli occhi di tutti, e non solo degli “ambientalisti integralisti”. Naturalmente questo vale per tutte quelle istituzioni che hanno un ruolo nella catena della salvaguardia dell’ambiente, nessuno escluso.
– C’è una presa di coscienza reale dei cittadini di quanto sta accadendo sul nostro territorio?
La presa di coscienza si sta alzando di livello. Migliorano le informazioni e la sensibilità verso l’ambiente, anche le nuove generazioni stanno mostrando interesse. Dopo tutto i collegamenti tra fenomeni atmosferici e salvaguardia dell’ambiente sono patrimonio di conoscenza di tutti e il ricatto occupazionale, in questa fase storica, è sempre meno attraente. Quello che occorre mettere in evidenza è che il contrasto ambiente e lavoro non deve essere il campo di confronto. Oggi i modelli di sviluppo, o meglio i modelli di società possono essere diversi rispetto a quelli classici che conosciamo che tra l’altro mostrano evidenti segni di debolezza. E’ su quello che dobbiamo puntare.