Un nuovo successo firmato Eclettica Edizioni quello ottenuto da ‘Il popolo di Salvini. La Lega Nord tra vecchia e nuova militanza‘, il nuovo libro dell’affermato giornalista e sociologo Andrea Pannocchia scritto in collaborazione con la neo sindaco di Cascina, Susanna Ceccardi. Noi di Quotidiano Apuano abbiamo deciso d’incontrare Andrea e di fargli alcune domande per conoscere più da vicino la sua opera letteraria.
Carissimo Andrea, parlaci de ‘Il popolo di Salvini. La Lega Nord tra vecchia e nuova militanza’. Di che cosa tratta e come è strutturato?
Si tratta di un viaggio compiuto nel mondo della Lega Nord, fra i dirigenti, gli amministratori e i militanti di base del partito, per capire come il nuovo corso di Salvini viene vissuto da chi, quotidianamente e concretamente, rappresenta il Carroccio sul territorio. Per questa ragione, abbiamo intervistato venti esponenti della Lega, dalla Valle d’Aosta all’Umbria, e tre dirigenti di Noi con Salvini, il movimento parallelo creato dai sostenitori del leader del Carroccio al Sud. Il testo, che si presenta come un lavoro a metà fra un reportage giornalistico e un’inchiesta sociologica, e di sociologia della comunicazione, tenta così di rispondere alle domande iniziali: Matteo Salvini, fino a poco prima noto solo agli addetti ai lavori della politica, eredita nel 2013 una Lega Nord ridotta al lumicino e la rianima al punto tale da portarla a essere il partito più forte dell’area di centrodestra. Come ha fatto? Quali le continuità e quali i cambiamenti rispetto al passato?
Il testo affronta tante questioni e non nasconde anche, qua e là, singoli punti di dissenso, anche se complessivamente la leadership salviniana e ben accetta e condivisa dalla maggioranza degli intervistati. Non è un testo apologetico anche se, ovviamente, non è nemmeno, a differenza di altri, banalmente antipatizzante verso la Lega.
Sappiamo che il testo è stato redatto a quattro mani, come è stato collaborare con Susanna Ceccardi?
Sì, l’idea iniziale era quella di scrivere un testo mettendo insieme lo sguardo dell’osservatore esterno, il mio, con quello della militante interna, Ceccardi, da anni dirigente della Lega Nord in provincia di Pisa. Proprio nelle ultime fasi del lavoro Susanna si è candidata a Sindaco nel Comune di Cascina, in provincia di Pisa, nel quale risiede, e ha incredibilmente vinto, diventando il primo Sindaco della Lega in Toscana. E in una terra dove ancora cinque anni fa il candidato del Pd prendeva circa il 70%. A questa impresa abbiamo così dovuto, volentieri, dedicare una parte del libro. Per il resto, Susanna mi ha messo in contatto con gli intervistati e ha scritto le proprie conclusioni interne, evidenziando come la sua esperienza completi idealmente il percorso del libro, comune a tanti altri giovani dirigenti che abbiamo intervistato.
Nelle vostre interviste raccolte nel testo cosa chiedete, se puoi anticiparlo, agli italiani?
I temi sviluppati sono molteplici.
Il senso dell’essere leghisti, l’eredità di Bossi e Maroni, il fascino e i timori legati sia a una leadership personale sia al timore di perdere la prospettiva indipendentista a causa dello sbarco al Sud, la visione sovranista legata al No Euro e all’alleanza non scontata con Marine Le Pen, la politica internazionale della Lega.
Poi si prosegue con la ricognizione sulle abilità nella comunicazione del Capitano e con il racconto degli aneddoti che legano gli intervistati al loro leader, prima delle doppie conclusioni, quella esterna di Pannocchia e quella interna di Ceccardi.
Da sociologo affermato come vedi la figura di Matteo Salvini in relazione a quella di Umberto Bossi, primo leader e tra i fondatori del partito leghista?
Salvini è, come dicono molti intervistati, ancora per molti aspetti il “Teo” del Movimento Giovani Padani: è cresciuto a pane e Pontida, pane e militanza, pane e camicie verdi, ha dedicato la propria vita alla Lega e come tutti gli altri dirigenti dichiara senza problemi che tutto quello che ha fatto l’ha potuto fare perché alla fine degli anni Ottanta irruppe sulla scena Umberto Bossi, creando prima la Lega Lombarda e poi la Lega Nord, e portandole dal nulla addirittura al governo del Paese. Il rispetto per il Fondatore, al netto degli episodi poco chiari degli ultimi anni della sua gestione, è ancora molto forte presso la base e le forme di continuità rispetto alla vecchia Lega ovviamente ci sono ancora, a cominciare dal fatto che si tratta di un partito modello “Prima Repubblica”, diffuso capillarmente sul territorio, con sezioni, Sindaci, feste, movimento giovanile ecc.
Detto questo, al di là del cambiamento imposto dai tempi, un aspetto che rende Salvini abilissimo, ad esempio, nella comunicazione sui social e in particolare su FB, le due figure sono molto diverse anche nell’approccio di fondo. Tanto logorroico e a tratti astruso Bosso quanto chiaro e sintetico Salvini; tanto “ideologico” Bossi, per il quale ogni singola questione si doveva risolvere nella ristrutturazione federalista dello Stato, e a tratti addirittura nell’indipendenza della Padania, quanto concreto Salvini, che di federalismo non parla quasi più e dedica la maggior parte dei suoi discorsi a questioni basiche come il lavoro e la sicurezza; tanto capace a volte di suscitare timore reverenziale Bossi quanto così alla mano Salvini da essere ancora oggi il primo a distribuire volantini ai gazebo.
Quali sono le differenze più marcate tra la Lega dei primi anni novanta e quella dei giorni nostri?
La principale è sicuramente il fatto che non si stia parlando più, almeno per il momento, di Padania ma si cerchi di dare un messaggio nazionale, anche attraverso la mediazione di Noi con Salvini. Salvini va al Sud come al Nord e cerca di difendere anche gli interessi dei cittadini e dei produttori meridionali nei confronti dello Stato centrale ma soprattutto dell’Unione Europea e dell’Euro, la cui fuoriuscita rappresenta per certi aspetti la “madre di tutte le battaglie” e di sicuro quella che, creando una nuova idea di sovranità, costringe adesso a parlare dell’Italia, tutta intera. La Lega di qualche anno fa vedeva invece nell’Euro, la moneta più forte del mondo, la valuta adatta per il tessuto produttivo delle Regioni del Nord Italia, capaci di performance assolutamente competitive con quelle degli Stati più sviluppati del Continente. Salvini, poi, come ogni buon leghista che si rispetti, è schierato contro l’immigrazione clandestina, ma con un lessico in parte diverso da quello del passato, alternando registri che vanno dal timore dell’islamizzazione crescente alla paura di attentati, dalla denuncia delle cooperative che fanno lucrosi business sull’accoglienza al rischio della sostituzione etnica, fino a quello, più nuovo e forse più persuasivo, della necessità di aiutare, in un contesto caratterizzato dal venir meno di sempre più risorse, in primis gli italiani e di non illudere chi arriva con promesse d’aiuto che non potranno essere mantenute.