CARRARA:
Innanzitutto è bene ricordare ai signori che loro sul marmo non pagano alcuna tassa, piuttosto un affitto dovuto come qualsiasi inquilino che utilizza beni altrui. Equità, ragionevolezza e trasparenza sono tre parole che dovrebbero garantire il buonsenso, la correttezza, forse anche la liceità della proposta di Assindustria, ma così non è, dato che bisogna tener conto dei canoni applicati fuori dalla realtà carrarese, non solo apuana ma pure italiana: come dire non accettiamo di pagare canoni più alti non solo di chi estrae travertino, alabastro, portoro, ma anche di chi estrae sabbia, argilla finanche torbe. Un modo, come dire, di negare la storia del marmo di Carrara, la sua notorietà, la sua ricercatezza negli edifici e nelle piazze sparsi per il mondo. Colpa nostra se abbiamo il marmo più appetito dalle multinazionali del carbonato di calcio, da scultori come Michelangelo o per gli edifici più lussuosi in ogni latitudine? Del resto sono proprio gli industriali che propugnano il libero mercato e libero mercato significa che più un prodotto è richiesto e più il suo prezzo sale e come sale per l’“utente finale”, perché non dovrebbe salire a favore di chi quel bene lo detiene e lo dà in concessione?
Ma la gattopardiana Assindustria non si ferma qui: come si fa a dire che “il sindaco sembra mettere al centro della ripresa del confronto anche il nodo dei beni estimati” quando il sindaco stesso afferma “Tranne che sui beni estimati e sulla determinazione delle nuove tariffe dove non c’è margine di discussione…è necessario un confronto”; forse ad Assindustria non capiscono l’italiano? O forse vogliono volutamente stravolgere il senso delle parole del sindaco?
Per venire all’arroganza di cui parlavamo prima, questa è sottesa al tema dei beni estimati “nessuna associazione può pensare di negoziare quello che le imprese ritengono un proprio diritto reale e che non rinuncerebbero in nessun caso a difendere con tutti gli strumenti legali a disposizione, esattamente come farebbe qualunque persona per le proprie proprietà acquisite con regolari contratti notarili.” Non stiamo a ribadire ciò che già più volte abbiamo detto sull’inesistenza dei beni estimati basandoci sull’editto di Maria Teresa, sulla legge mineraria del ’27, sulla legge regionale del ’95 e sulla sentenza della Corte Costituzionale sempre del ’95. Se ci sono atti notarili che riportano le proprietà degli agri marmiferi, li tirino fuori in tutta la loro sequenza temporale: si vedrà che a un certo punto salterà fuori il trucco.
Conclude poi Assindustria con la perentoria affermazione “i dubbi sui beni estimati siano sciolti non nel tavolo tra Comune e Associazioni… ma dai giudici deputati”; intanto, a scanso di equivoci, hanno mandato in avanscoperta il governo nazionale, loro si riservano le energie per i prossimi ricorsi in caso di sconfitta.
Certo che sono proprio strani gli escavatori del marmo, continuano a rivendicare come private delle proprietà pubbliche oggi che hanno paura di doverle restituire alla collettività, ma non hanno fatto nessun ricorso quando il 21 Novembre 2001 (era l’epoca di Segnanini, il primo “smantellatore” del Regolamento comunale degli agri marmiferi) il Consiglio Comunale di Carrara deliberava lo Statuto comunale che, nell’art.2 degli ELEMENTI COSTITUTIVI recita: “I bacini marmiferi, inscindibilmente legati alla storia e all’economia, sono patrimonio indisponibile della comunità carrarese e come tali sono gestiti dal comune, tutelati e valorizzati nell’interesse collettivo presente e futuro; le concessioni per lo sfruttamento degli agri marmiferi sono temporanee ed onerose.”. Non solo gli agri marmiferi, addirittura i bacini sono patrimonio indisponibile.
Se questa è la mano tesa o l’apertura di Assindustria!