“Piantare un albero non può essere un atto casuale“, ci ricorda Lancelot Brown, uno dei padri del “famoso” giardino all’inglese. Nei suoi progetti, le piante non soltanto accompagnano lo sguardo verso scorci lontani, ma creano effetti, quinte teatrali su vedute inaspettate, quasi dando vita a quadri mai realizzati.
L’arte delle avanguardie ci spinge infatti verso nuove interpretazioni del giardino, importante luogo nell’urbanità, dove sapienza botanica e sensibilità artistica si incontrano.
“Il giardino è un insieme di intenzioni plastiche, estetiche. La pianta non è solo una pianta, è un colore, un arabesco..”
È con queste parole che Burle Marx, paesaggista brasiliano di riferimento del 900 e del movimento moderno, e genio botanico, dà vita ad un giardino definito “pittorico” contemporaneo.
Il giardino viene esaltato in quanto opera d’arte e con esso il paesaggio circostante, che ne deve essere il riflesso, in un atto di riconciliazione tra natura e artificio, in chiave etico-pedagogica.
Le sue famose macchie di colore, che viste dall’alto sembrano campiture di quadri astratti, sono in realtà l’esito di prodigiose tramature botaniche, mentre gli armonici segni grafici diventano pavimentazioni chiamate a disegnare il paesaggio urbano.
Il Sítio Santo Antônio da Bica, vicino a Rio de Janeiro a Guaratiba, la sua tenuta di campagna, opera guida per comprendere il suo “giardino”, è oggi non solo un simbolo della cultura brasiliana, ma è diventato museo vivente della flora locale.
In anticipo di mezzo secolo rispetto alla civiltà mondiale, i suoi progetti furono guidati da una forte sensibilità riguardo alla bio-compatibilità dell’intervento umano: nella realizzazione di nuovi spazi verdi, era consapevole del fatto che, per poter utilizzare nel modo più naturale possibile determinati elementi vegetali, occorreva comprenderne a fondo le caratteristiche botaniche così da poter conciliare la natura “artificiale” con quella spontanea.
La vegetazione è in tal senso, pensata come un continuum connettivo orizzontale su cui si innestano colorati pattern vegetali, alberature ed elementi verticali, nonché presenze architettoniche (pavimentazioni, coperture ecc) aperte a variazioni, e cambi di forme.
Astrattismo nelle linee, non casuale però, come sembra a prima vista.
Nei suoi progetti Burle Marx riesce inoltre a prevedere l’evoluzione e la tridimensionalità nel tempo, e in funzione di questo aspetto sviluppa composizioni (la cui pianta ricorda spesso quadri astratti), che si integrano perfettamente nel paesaggio circostante, annullando i confini netti con il contesto in cui sono inserite, sia esso la skyline urbana o un panorama di monti e foreste, o la linea sottile del mare.
Aiutato da José Tabacow, fedele collaboratore per circa vent’anni, e autore di oltre 2000 progetti in Brasile e nel mondo, Burle Marx mette in atto con singolare capacità espressiva la sua moderna estetica del paesaggio, influenzata dalle avanguardie artistiche del tempo, dall’arte astratta e dal costruttivismo, come riflesso di uno dei molteplici interessi del progettista-artista.
I suoi parchi urbani ridisegnano l’identità della città, come è accaduto a Brasilia, dove Burle progetta assieme all’architetto Oscar Niemeyer e all’urbanista Lucio Costa, rimanendo coerente con una gestione del territorio, e rispettando l’ambiente circostante.
Da non dimenticare gli innovativi toits-jardin, come le sperimentazioni dei giardini del Palácio Capanema (MES) di Rio, omaggio e critica al razionalismo di Le Corbusier.
Ma la sua opera più conosciuta rimane il waterfront sull’Avenida Atlantica di Rio de Janeiro: qui, come a passo di danza, volute bianche e nere, aiuole verdi, maioliche e mosaici policromi, che sembrano seguire l’ondeggiare dei corpi impegnati in una samba, danno movimento al vuoto urbano del caos cittadino, che si affaccia sull’oceano e sulla linea delle spiagge.
Persino il nostro litorale potrebbe acquistare un valore nuovo con questo tipo di approccio “green“. Verde e arte, in un tutt’uno, per ridare vita all’identità dei luoghi, e far riemergere spazi, come marciapiedi e aiuole, ad oggi anonimi e abbandonati a se stessi.
“Io dipingo i miei giardini” diceva Burle Marx, la cui sensibilità artistica e la cui profonda conoscenza botanica, ci fanno affermare che, come per nessun altro, vale per lui la definizione di “maestro” nell’arte del giardino.
Brunetta Ulivi.
Foto 1: http://www.didatticarte.it/Blog/?p=6706&lang=en;
Foto 2;4: http://www.internimagazine.it/projects/sitio-burle-marx/;
Foto 3: http://robertoburlemarx-urbanista.blogspot.it/2011_12_01_archive.html;
Foto 5: http://www.digicult.it/it/design/roberto-burle-marx-brazilian-modernist/;
Foto 6;7: http://www.elledecor.it/speciale-new-york/mostra-roberto-burle-marx-jewish-museum-new-york;
Foto 8:http://www.codiferro.it/roberto-burle-marx-storia-di-un-botanico-e-paesaggista-visionario/;
Foto 9;13;14:http://www.abitare.it/it/gallery/habitat/landascape-design/roberto-burle-marx-mostra-jewish-museum-new-york-gallery/?ref=248571&foto=4#gallery;
Foto 10;11: http://robertoburlemarx-urbanista.blogspot.it/2011_12_01_archive.html;
Foto 12: http://arquiscopio.com/archivo/page/9/?lang=it;