Nello scontro che sta avvenendo in questi giorni in Europa, l’economia e lo stesso Recovery Fund sono solo alcuni aspetti, e forse secondari, di una questione molto più vasta e complessa.
A confrontarsi sono infatti due mondi totalmente diversi, ovvero il Nord protestante e l’Europa mediterranea, cattolica e debitrice della cultura classica (ovviamente con qualche semplificazione). Realtà distanti non solo nella visione dell’economia e dello Stato, ma anche in quella del cittadino e dell’uomo, dei valori fondativi di una società.
Sbaglia chi ritene migliore il modello “frugale”, basato anche sul principio luterano e calvinista della “responsabilità personale”, come sbaglia chi ritiene migliore un modello più attento all’assistenza e al pubblico. Questo, appunto, perché si tratta di approcci soggettivi, elaborati in e per contesti unici (pure sotto il profilo geografico e climatico) e separati da millenni di vicende incomparabili.
Il principale ostacolo alla sopravvivenza del “sogno” europeo sta tutto qui; se cioè è spesso impossibile conciliare differenze e divergenze importanti in un singolo paese, pensare di farlo con un intero continente appare davvero complicato e logorante.
Difficile da capire, per concludere e al netto di ogni altra considerazione, chi invece “tifa” per il fallimento italiano nelle trattative, e questo solo per spirito anti-governativo. Non siamo allo stadio, è vero, ma c’è in gioco il nostro futuro.