Volete farvi una più compiuta idea sulla marginalità della nostra Provincia, ‘ribadita’ dal patto recentemente siglato fra i Sindaci di Firenze, Lucca, Pisa e Livorno, in materia di infrastrutture? Bene, leggetevi il libro di Andrea Balestri per i tipi della Società Editrice Apuana da poco in libreria. Mi raccomando, però, non lasciatevi fuorviare dal titolo, perché il libro che l’associazione In-Nova Massa mi ha invitato a presentare lunedì prossimo, 14,febbraio alle 17 a Palazzo Ducale, insieme al sindaco Francesco Persiani, all’on. Martina Nardi e al professor Alessandro Volpi, parla – eccome – della/e nostra/e città, oltre che di fabbriche (Fabbricone e Filanda), cave, banche (Casse di Risparmio di Carrara e Prato), teatri (Metastasio, Guglielmi e Animosi) e collegamenti (autostrade, ferrovie e porti).
«Tra Prato e Carrara», tra l’altro, rappresenta ben più che «Tre passi nella storia e una finestra sul futuro della Toscana settentrionale». Si tratta di un saggio che ci prende per mano e ci accompagna in una veduta a volo d’uccello su quelli che sono stati i secoli dello sviluppo economico di due realtà che si collocano ai margini dei sistemi portanti dell’economia industriale del nostro Paese, ma che – tuttavia – hanno saputo diventare campioni del ‘made in Italy’ secondo un’indagine (in verità ormai datata) de Il Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria.
Anche qui, attenzione a farsi trarre in inganno dal ruolo dell’autore, per vent’anni nei ranghi dell’associazione degli industriali nella città laniera e altrettanti passati ai piedi delle Apuane. Anzi, se c’è un aspetto che ho particolarmente apprezzato, almeno per quanto ne so delle vicende storico-economiche del nostro territorio, è l’equilibrato distacco con cui Balestri rilegge le vicende della fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio.
Confesso che, prima d’aver avuto il testo tra le mani, avevo temuto di dover affrontare tabelle su tabelle e numeri su numeri, invece l’autore – pur con il suo passato da economista, ha scelto la narrazione storica che talvolta sfiora il romanzo. Come quando racconta la saga degli industriali Lucchesi e Valaperti di Parto: «All’ora di pranzo (i due) compravano un filone di pane, lo dividevano in due e lo farcivano con un’aringa: uno la tagliava con un colpo di coltello e l’altro sceglieva il proprio pezzo Un giorno Valaperti tagliò l’aringa e scelse per sé il pezzo migliore Era una sfida La reazione del socio fu ferma: “Così non si va più d’accordo; la società è disfatta!”».
Oppure quando racconta dei Fabbricotti di Carrara: «Non lontano dal pontile di Fulham, dove approdano i marmi per il florido mercato di tutto l’impero britannico, Bernardo fa costruire Lorano House, sfarzosa dimora che funge da prestigiosa vetrina delle cave e dei laboratori di Carrara Con questo biglietto da visita frequenta la Regina Vittoria e si inserisce brillantemente nei più esclusivi circoli londinesi».
Le cifre più significative riguardano i riferimenti geografici e alla popolazione. Prato ‘città industria’ di 195.00 abitanti e Carrara-Massa con 140.000. Densità di circa 2.000 abitanti per kmq a Prato (la presenza della più vasta comunità cinese d’Europa ha il suo peso) mentre è di 863 a Carrara e 720 a Massa. Comunque fra le più alte della Toscana.
E, soprattutto, due distretti: il tessile e il marmo.
Qual è la differenza sostanziale, oltre gli aspetti orografici, dimensionali e caratteriali? Carrara trae la sua ricchezza dalle cave, Prato dall’auto-imprenditorialità di una ‘campagna urbanizzata’ e Massa da una zona industriale creata ex-novo dalla mano pubblica. A Prato il 37% degli occupati sono nell’industria (la media toscana è del 20%), da noi siamo intorno al 15%. Ma qui c’è una produttività più marcata. Reddito pro-capite: 25.000 € per Prato, 20.000 € per Massa Carrara.
Non mi dilungo oltre. Per risalire la china di questi ultimi, difficili dieci anni e guardare avanti, l’autore conclude così: «il successo di territori periferici (…) non è funzione di uno o pochi progetti di punta ma dall’armonia di tante tessere di un mosaico coordinato e coerente con la dotazione di risorse, la storia, il carattere e le dimensioni demografiche». Difficile non esser d’accordo.