“Addio, David Bowie. Ora sei tra gli eroi. Grazie per averci aiutato a far cadere il Muro”. Così il ministero degli Esteri tedesco ha voluto salutare il cantante britannico su Twitter.
Con il tweet, il ministro faceva riferimento ad un concerto che il “Duca” tenne nel 1987 vicino al Muro che divideva la capitale tedesca. “Noi salutiamo tutti i nostri amici che sono sull’altro lato del Muro”, disse in tedesco Bowie primadi iniziare a cantare “Heroes”, scatenando i fan che cominciarono ad inneggiare alla caduta della barriera costruita nel 1961.
Leggenda vuole che anche i berlinesi dell’Est si fossero uniti ai cori, dall’altra parte del confine.
Probabilmente non è vero.
Anche se i grandi sommovimenti che rivoluzionarono l’Europa in senso democratico tra il 1989 e il 1992 si devono a Michail Sergeevič Gorbačëv, è tuttavia innegabile che l’azione delle personalità del mondo della cultura e delle arti abbia giocato un ruolo di un certa importanza a sostegno dei processi di riforma (si pensi, oltre al concerto di Bowie, a quelli di Bruce Springsteen e del violinista Mstislav Leopol’dovič Rostropovič).
In una società che si stava sempre più digitalizzando ed universalizzando, la presenza dei vecchi steccati jaltiani appariva infatti sempre meno tollerabile alle sensibilità delle menti più evolute.