In questi giorni il Copasir ha lanciato un allarme: il nostro paese è al centro di una campagna di disinformazione che, secondo l’UE, viene da lontano e riguarda tutta l’Europa. Il 23 Marzo scorso è stato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a lanciare l’allarme fake news: “Sul coronavirus stanno circolando molte informazioni inesatte, tante leggende e in generale parecchia disinformazione in tutto il mondo. Fare disinformazione significa giocare con la vita delle persone”.
In questo periodo di quarantena milioni di persone sono affacciate sul mondo attraverso televisione, giornali e lnternet con i media digitali e social. La responsabilità dell’informazione e degli operatori dell’informazione è enorme per il potere che ha di indirizzare l’interpretazione dei fatti e l’opinione pubblica.
In Italia l’autonomia del quarto potere è tutelata dalla Costituzione perché i padri costituenti avevano ben chiaro il valore dell’informazione libera per la democrazia. Tuttavia l’informazione ha un valore se sa essere rispettosa di chi informa, se sa fare un servizio di diffusione delle notizie, che, fatto salvo il diritto di critica anche aspro e di denuncia, sappia fornire ed essere interprete sempre e solo di fatti reali. I media svolgono la funzione sociale di costruzione della coscienza collettiva ma devono assicurare informazioni complete, varie, critiche, attendibili e degne di fiducia.
In questi giorni assistiamo, invece e purtroppo, anche a livello comprensoriale, alla diffusione di articoli che fanno perno sul sensazionalismo e che poco hanno a vedere con la testimonianza e con il diritto di informazione rispetto a quel che accade nel nostro territorio così colpito dall’emergenza COVID19.
Prevale la ricerca dello scoop, preferibilmente macabro, anche sul rispetto della dignità di quelle persone di cui apparentemente si vogliono prendere le difese. Il giornalismo d’inchiesta e di denuncia serio e responsabile è altro: prima di scrivere appura, con una ricerca minuziosa e approfondita, non pubblica foto come i paparazzi, va alla ricerca della verità, delle ragioni che a seconda del momento possono cambiare, appurando tutte le fonti e ascoltando tutte le voci. E soprattutto il giornalismo di qualità in genere riesce a raccontare le verità anche più difficili e scomode ma non gioca sulla paura e sui sentimenti della gente: stiamo vivendo un momento particolare, dove occorre pensare prima di scrivere, perché siamo più fragili, preoccupati, perché gli affetti sono lontani, e spesso ci è negato il diritto e la consolazione dell’ultimo saluto ai nostri cari. L’informazione, specialmente su certe notizie, deve essere giusta e vera, ma compassionevole e delicata, soprattutto quando ci sono persone che tutti i giorni lottano e rischiano la vita per salvare gli altri.
Noi Praticamente Democratici, come esponenti del Partito Democratico, siamo consapevoli che nel dibattito politico qualcuno sia tentato di fare delle forzature o delle interpretazioni azzardate. Questo modo di fare politica fa parte della normale dialettica democratica ma non ci appartiene.
In questa fase di emergenza ci sono criticità, problemi ed inefficienze ma allo stesso tempo tanta abnegazione, pensiamo a tutti quegli operatori / lavoratori che non sono mai citati e che oliano la macchina, la puliscono, la riparano e la fanno andare avanti.
Noi abbiamo fatto la scelta di lavorare alla soluzione dei problemi di cui veniamo a conoscenza, veicolando le informazioni verso le istituzioni preposte; la critica, specie quella fine a sé stessa, può dare un attimo di visibilità, ma non sposta di un millimetro il problema segnalato. Chi, coperto dalla presunta terzietà dei media, diffonde informazioni inesatte e decontestualizzate fa pessimo utilizzo della libertà di stampa, e noi non possiamo condividerlo.
“Praticamente Democratici” di Pontremoli