La famiglia dell’autotrasportatore, vittima dell’ennesimo incidente sul lavoro nel comparto,tramite Studio 3A cita in causa la ditta di escavazione chiedendo un congruo risarcimento
Il titolare di un’impresa deve garantire le condizioni di sicurezza in tutti i luoghi, strade comprese, in cui vengono impiegati non solo i propri dipendenti ma anche i lavoratori autonomi. In forza di questo principio, sancito dalla legge, i familiari di un autotrasportatore albanese hanno intentato una causa civile contro il legale rappresentate della ditta di Escavazione Marmi Lorano II di Carrara, presso la quale è avvenutol’incidente mortale sul lavoro. La citazione avanti il Tribunale di Massa è stata depositata oggi, 15 aprile 2016, per il tramite di Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui la famiglia si è rivolta per avere giustizia, proprio all’indomani dell’ennesima tragedia su una cava di marmo, costata la vita ad altri due operai, a Colonnata.
I fatti risalgono al 6 settembre 2014. Lurand Llanaj aveva solo 32 anni e viveva in Italia da tempo con tutti i familiari: i genitori, i fratelli, la compagna e la figlioletta che allora aveva appena sei mesi. Aveva sempre lavorato nelle cave di marmo ma da poco si era messo in proprio con un’attività di trasporto e aveva acceso un finanziamento per acquistare un autoarticolato.
Quella mattina Llanaj con un collega si reca nella cava per verificare alcuni lavori di asporto di materiale di scarto che deve eseguire nei giorni successivi ma, dopo aver percorso poche centinaia di metri lungo una delle strette strade di arroccamento in salita, per cause ancora ignote,perde il controllo del camion, che scivola all’indietro. Il collega che viaggia con lui riesce a buttarsi in corsa, Lurand invece non ce la fa:l’impossibilità di governare il veicolo pesantissimo, a causa anche della forte pendenza della strada, ne determina il ribaltamento e il povero autotrasportatore muore sul colpo per i gravissimi traumi riportati, schiacciato nella sua cabina di guida.
Di fronte alla richiesta di archiviazione da parte del Pm del procedimento penale contro ignoti aperto dalla Procura di Massa, i familiari di Llanaj si sono rivolti a Studio 3A che, grazie al lavoro e alle perizie dei propri esperti, è riuscito a ottenere la riapertura delle indagini, inizialmente alquanto frettolose, soprattutto sotto l’aspetto della sicurezza dei luoghi di lavoro. Alla conclusione del supplemento investigativo, pur non rilevandosi profili di responsabilità in ambito penale, è tuttavia emersa in tutta evidenza una chiara responsabilità di ordine generale sotto molteplici ambiti legati alla sicurezza, alla custodia e all’esercizio di attività pericolosa da parte della società che gestiva la cava, con particolare riferimento alla regolarità delle strade di arroccamento, alla loro corretta pendenza, con medie intorno al 22 per cento che dovevano imporre una protezione, l’inidoneità delle rampe alle manovre di spostamento degli autoarticolati, la totale assenza di precauzioni da parte dei titolari in ordine all’ingresso di persone terze, anche per finalità lavorative.
Il fatto stesso che, successivamente alla tragedia, siano state effettuate delle modifiche ai luoghi ed espressamente allargate le rampe di percorrenza, è un chiaro indizio che si è tentato di sanare una situazione irregolare per evitare altri incidenti, e che quindi quelle strade necessitavano già prima di interventi per risolvere o almeno alleviare le evidenti carenze dal punto di vista della sicurezza.
Studio 3A ha quindi tentato di aprire un canale di comunicazione con i vertici dell’azienda, che tuttavia hanno rifiutato ogni dialogo per arrivare a una possibile definizione bonaria delle controversia. Di qui, inevitabile, la decisione di adire per le vie legali, sulla base delle omissioni rilevate dai tecnici e dai periti di Studio 3A. L’azienda si è resa colpevole senza ombra di dubbio della violazione di cui all’articolo 2087 c.c. “tutela delle condizioni di lavoro”, ovvero della mancata adozione di quelle misure atte alla tutela del lavoratore sia sotto il profilo dell’incolumità fisica sia della personalità morale: ovviamente, le violazioni più specifiche risultano quelle ex D. Lgs 81/2008, ed in particolare quelle in merito ai requisiti di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, ovvero l’articolo 62 e seguenti.
L’atto di citazione, inoltre, fissa alcuni punti fermi, a cominciare dal fatto che la presenza di Llanaj e del collega quel giorno non era casuale, non era saltuaria ma assolutamente prevista per motivi di lavoro, come concordato con il legale rappresentante e l’amministratore delegato della società: tanto basta per configurare un obbligo di diligenza e osservanza della normativa sulla sicurezza dell’ambiente di lavoro in capo ai titolari della Lorano II.
E poi, come stabilito da diversi capi di legge e confermato da ripetute sentenze della Cassazione, l’atto sottolinea come gli obblighi preventivi e protettivi del datore sono dislocati in tutti i luoghi, di per sé di lavoro, ove vengono inviati i dipendenti, compresa la strada di un cantiere, e sono estesi anche ai lavoratori autonomi. La giurisprudenza, anticipando quanto previsto dall’art. 62 del D.Lgs 81/2008, definisce da tempo “ambiente di lavoro quello che circonda il lavoratore in tutta la fase in cui si svolge l’attività lavorativa, compresi i luoghi in cui i lavoratori devono recarsi per incombenze di qualsiasi natura”. Ancora,”in materia di normativa antinfortunistica, l’obbligo del datore di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro si estende anche ai soggetti che nell’impresa hanno prestato la loro opera, quale che sia stata la forma utilizzata per lo svolgimento della prestazione ”, e quindi “ciò vale anche quando si tratti di un lavoratore autonomo”.
Non da ultimo, anche il fatto, ampiamente dimostrato, che nessuno si fosse preoccupato né della presenza in cava dell’autoarticolato di Llanaj, né che il mezzo fosse idoneo a percorrere quelle forti pendenze, né che il suo conducente avesse le dotazioni necessarie per comunicare la sua presenza, né che al conducente fossero fornite adeguate informazioni sui rischi esistenti, rappresentano punti non discutibili di responsabilità della proprietà della cava Lorano II.
Ne consegue, in definitiva, che l’errore umano che può aver caratterizzato la condotta di Lurand Llanaj non porta all’elisione del dovere di custodia di quest’ultima e non interrompe il nesso di causalità tra queste colpevoli violazioni e l’incidente. Studio 3A ha dunque avanzato una richiesta di risarcimento adeguato ai gravi danni patiti dai familiari, sia non patrimoniali per la perdita del rapporto parentale con il loro caro, sia patrimoniali: Lurand aveva una figlioletta piccola che non conoscerà mai il papà e la sua compagna non lavorava, era lui l’unica fonte di reddito della famiglia.
“Chiediamo che emerga la verità su quello che è successo a Lurand e che vengano accertate le responsabilità di chi ha contribuito a causare questa tragedia – diceva qualche tempo fa il fratello Blerim in un’intervista – Mio fratello non era informato di poter lavorare su quelle strade ripide dove solo le capre possono andare. La prevenzione sul lavoro è molto importante. Un mese e mezzo dopo che lui è morto hanno rifatto e allargato le strade lassù, ma non accetto che ogni volta che succede una disgrazia le cose si facciano sempre dopo: deve capitare una morte perché si realizzi una rotonda o si allarghi una strada. Ci sono tanti ragazzi giovani che lavorano alle cave e che ogni giorno rischiano la vita: ci dobbiamo pensare prima, non dopo”. Parole forti e quasi profetiche rispetto ai fatti di questi giorni.
“La battaglia di questa famiglia che abbiamo fatta nostra è una battaglia di civiltà – aggiunge il dott. Ermes Trovò, Presidente di Studio 3A – Non possiamo più accettare questo stillicidio di morti bianche. Nel terzo millennio e in un Paese come l’Italia, non è ammissibile continuare a considerare una prassi tre decessi al giorno in ambito lavorativo: dobbiamo fare tutti la nostra parte per sollecitare una diversa sensibilità verso la sicurezza sul lavoro, da parte di imprese e istituzioni. Al di là dei freddi e sconvolgenti numeri, dietro a ciascun infortunio ci sono centinaia di drammi. Per noi è un dovere morale rendere giustizia a queste persone, facendo sì che chi ha omesso di rispettare le normative sia condannato alla giusta pena, e ottenere per i loro familiari un congruo risarcimento, che non è un capriccio ma il minimo per riprendere una vita normale, fermo restando che nulla potrà restituire loro il proprio caro. Un’azione con cui Studio 3A intende dare anche un contributo per debellare questa piaga della nostra società. Dobbiamo lavorare tutti per convincere le aziende che l’unico sistema per diminuire gli infortuni sul lavoro è puntare sulla formazione, la prevenzione e la sicurezza. Chissà che a forza di dover pagare maxi risarcimenti, le imprese si convincano che investire in sicurezza conviene a tutti, sia alle vite dei propri dipendenti, sia ai propri bilanci”. Considerazioni quanto mai di attualità per tutto il settore delle cave di marmo di Carrara.