“Eravamo stati facili profeti al momento dell’approvazione della nuova legge regionale sulle cave voluta da Enrico Rossi durante la campagna elettorale di un anno fa: la scelta di non rivendicare in maniera chiara la proprietà e la gestione delle cave di marmo per affidarsi, invece, ad una ricostruzione sui poteri di una duchessa di tre secoli fa, forniva uno strumento straordinario di reazione in mano al padronato. Un padronato, quello del marmo, che forte del buon andamento del settore e della debolezza – o della collusione – di chi dovrebbe rappresentare gli interessi dei cittadini e dei lavoratori è all’offensiva su tutto: dalla richiesta di riavere indietro dai lavoratori del comparto 100 € (!), allo slogan che ribalta quello che è stato il motto del movimento dei lavoratori nelle sue stagioni migliori affermando “padroni, le cave sono nostre !” Affermazione a cui neppure i gestori delle cave credono, ovviamente, ma che gli servirà attraverso il ricorso presentato recentemente in tribunale per poter far sentire tutto il loro peso nella discussione nelle aule di giustizia e di fronte alla Corte Costituzionale. Ed intanto per dilatare ancora i tempi di una regolamentazione necessaria del settore. La corte costituzionale, la magistratura italiana, la corte di giustizia europea dicemmo un anno fa come Sinistra Anticapitalista costituiranno “la scogliera contro cui andrà ad infrangersi questa insensata legge” regionale. Tutto questo si sta, dunque, puntualmente avverando. E’ evidente a tutti che questo centrosinistra non vuole o non è in grado, o entrambe le cose, di garantire la gestione del “bene cave” nell’interesse collettivo, tutelando insieme la questione economica e la ormai irrinunciabile questione ambientale. E’ necessario denunciare con forza e senza ambiguità il ruolo che questi personaggi stanno giocando in questa vicenda. Ma è altrettanto necessario che un fronte di opposizione politica e sociale al padronato ed ai suoi interessi non indugi in tecnicismi o in speranze di un ruolo positivo della regione, magari attraverso strade quali la ricognizione, o la difesa nelle aule dei tribunali. Esiste una via maestra prevista dalla Costituzione che consente alle regioni di disporre pienamente delle risorse del sottosuolo; basterebbe iscrivere l’estrazione del marmo nella categoria delle miniere anziché in quella delle cave e qualsiasi dubbio sulla proprietà del materiale lapideo cesserebbe senza discussione. Questa è la battaglia su cui misurarsi per costruire un movimento che chiuda una volta per tutte la partita con questi arroganti baroni del marmo – vecchi e nuovi – che sono i primi responsabili del disastro sociale ed ambientale che conosce la città di Carrara. Facciamo appello ai soggetti più coerenti di questa città per costruire un fronte unitario che metta in campo la forza necessaria per contrastare l’offensiva del padronato e l’inerzia e la collusione delle amministrazioni locali.”
Sinistra Anticapitalista
Circolo di Massa-Carrara