“Eri a teatro durante la manifestazione, Fritz?”
“No, purtropo, ma c’erano alcuni dei miei compagni di classe”
“Tu che ne pensi?”
“Beh, è abbastanza semplice. Non c’è nessuna prova che Anna Frank sia esistita. Che Anna Frank si trovi in una fossa comune a Bergen-Belsen lo poteva affermare chiunque, chiunque poteva procurarsi un vecchio quaderno e scriverci qualcosa, chiunque poteva ‘trovare’ questo quaderno in una soffitta”
“Ma il padre di Anna Frank è ancora vivo”
“Questo non prova nulla”
“Un momento, il padre di Anna ha dichiarato che erano stati arrestati dalla Gestapo”
“Si, si, sappiamo tutta la storia”
“Supponiamo che sia arestato il funzionario della Gestapo che ha arrstato Anna Frank. Questo lo accerterebbe come prova?”
“Se lui è disposto a dirlo, sono d’accordo”
Quella riportata è una conversazione svoltasi nel’ottobre del 1958 ai tavolini di un bar tra il leggendario cacciatore di nazisti ed ex deportato Simon Wiesenthal e uno studente di Linz (Fritz). Nel liceo di Fritz era stata organizzata la presentazione del “Diario” di Anna Frank, evento contestato da alcuni suoi compagni di scuola che non credevano all’autenticità dell’opera, secondo una tesi allora molto in voga tra le destre estreme austriache e tedesche
Wiesenthal si ripromise così di individuare l’uomo che aveva catturato i Frank, impresa che gli riuscì cinque anni dopo, nel 1963. Si trattava di un austriaco di 52 anni, tal Karl Josef Silberbauer, ispettore della polizia di Vienna ed ex maresciallo (SS-Oberscharführer) del Servizio di sicurezza nazista.
All’inizio sospeso dal lavoro, Silberbauer, che ammise le sue responsabilità, fu in seguito reintegrato in servizio.
Morì a Vienna nel 1972
“Non ho mai più rivisto quel liceale con cui avevo parlato a Linz, e non so che cosa faccia ora. Talvolta mi sarei augurato che uno di quei giovani venisse da me e mi dicesse: ‘Si, signor Wiesenthal, lei mi ha convinto’. Ma per ammettere di essersi lasciati indurre in errore, ci vuole realmente coraggio. E il coraggio, purtroppo, fa quasi sempre difetto ai neonazisti” (Simon Wiesenthal, “Giustizia, non vendetta”)