Luca Ragoni, con il suo intervento zeppo di censure nei confronti degli “industriali”, interpreta in modo esemplare i vizi di una politica screditata che continua ad auto assolversi riversando sugli altri le proprie responsabilità. Invece di fare un esame di coscienza sulla qualità dell’azione svolta da quanti, lui compreso, hanno amministrato il territorio negli ultimi decenni, si alza in cattedra e lancia un j’accuse generico sugli industriali, rei di “chiusura e arretratezza culturale”.
A parte le pregiudiziali nei confronti del “nemico”, l’intervento di Ragoni non ha un vero filo conduttore e non meriterebbe una risposta; ma i suoi toni particolarmente aggressivi richiedono un breve commento perché rischiano di soffocare il confronto appena riaperto tra Amministrazione comunale ed associazioni di categoria sulle politiche del marmo.
Quella della sicurezza del lavoro nelle cave è un tema estremamente importante sul quale imprese ed Associazione Industriali non hanno affatto abbassato la guardia; molto è stato fatto in questi anni, insieme ai lavoratori e ai dirigenti del Servizio Sicurezza; siamo consapevoli che occorre fare ancora di più per elevare gli std di sicurezza dei lavoratori e, in spirito di massima collaborazione, sosterremo tutti gli sforzi necessari per avanzare ulteriormente su questa strada.
Sul fronte della responsabilità sociale dell’impresa, Ragoni mette in uno stesso paniere i piccoli imprenditori del marmo con un gruppo di miliardari statunitensi. A parte l’improprio accostamento, in questo campo specifico non si può disconoscere l’azione di molti imprenditori locali che sostengono sistematicamente iniziative attività sociali (contributi a Caritas, enti culturali, attività sportive, volontariato, ecc… ); la sensibilità verso chi chiede aiuti è diffusa e, nel suo insieme, ha mosso e muove consistenti risorse.
Ancora, facciamo fatica a capire le accuse sui costi della strada dei marmi; per la cronaca, progetto, esecuzione, coperture finanziarie e limiti alla circolazione dei mezzi non sono stati decisi dall’Associazione Industriali ma dal Consiglio Comunale. Riteniamo che Ragoni conosca i numeri del bilancio del Comune; che sappia quanto incassa ogni anno dal settore marmo (17 milioni nel 2014; più di 20 nel 2016) e a quanto ammonta ogni anno il servizio del debito per i debiti contratti (7,5 milioni). Invece di lanciare accuse che svaniscono davanti ai crudi dati dei bilanci, farebbe meglio a dedicare tempo ed energie alla “spending review” e ad impegnarsi in una azione di trasparenza che tante persone reclamano da tempo, ovvero ricostruire in modo dettagliato come sono spesi e dove vanno a finire i 10 milioni di euro che, al netto dei costi della strada dei marmi, residuano nei conti del Comune.
Ultima considerazione; per quanto riguarda l’imposizione degli oneri sul settore marmo, tutti avremmo fatto e faremmo volentieri a meno dei tribunali. Tutti possono sbagliare ed anche gli “industriali” hanno commesso i loro errori ma Ragoni dovrebbe chiedersi, con un po’ di umiltà in più, perché il TAR ritiene palesemente illegittimi i provvedimenti adottati dal Consiglio Comunale da lui presieduto. Caro Ragoni, in tutta franchezza, risparmi i suoi strali e si dedichi a cose più serie ed importanti!
Assindustria Massa Carrara