“La sua grande fortuna è stata di essere montenegrino in un momento in cui il re Vittorio Emanuele III era sposato con Jelena, una delle figlie di Nikola, il re del Montenegro. La regina volle che tutti i prigionieri di guerra montenegrini fossero portati in Italia, Così mio nonno, grazie al grande cuore della sua regina, si salvò. Lo trasportarono in Italia dove i prigionieri furono trattati con rispetto, umanamente. Mio nonno era un linguista. Insegnava lingue slave e francese. Nei se mesi che trascorse in Germania non volle imparare una sola parola in tedesco, mentre in Italia imparò subito la lingua”.
A scrivere queste parole di elogio e affetto per la regina Elena di Savoia non è, come si può capire, un monarchico italiano, ma addirittura una persona proveniente dalla ex Jugoslavia titina e socialista, la scrittrice 49enne Diana Bosnjak Monai.
Inserendosi nella narrazione di suo nonno Puniša Kalezić, autore di un diario sui 1395 giorni dell’assedio di Sarajevo, Diana Bosnjak Monai ci offre una prospettiva interessante, e senza ombra di dubbio imparziale, su una parte di Casa Savoia, quella regina Elena di cui oggi ricordiamo l’anniversario della morte (28 novembre 1952) e che molto si adoperò anche per i soldati feriti durante la Prima Guerra Mondiale e poi scrivendo alle cancellerie di tutta Europa, cercando evitare la nuova catastrofe che si sarebbe consumata tra il 1939 e il 1945.